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Quando l’adozione non va come sperato: fallimento o parte del percorso?

  • Che cos’è il fallimento adottivo?
  • Un percorso complesso e imprevedibile
  • Evoluzione naturale: una nuova prospettiva
  • Accettare le difficoltà
  • Creare una nuova narrativa
  • Parlare apertamente e sostenersi a vicenda
  • I gruppi di automutuoaiuto nell’adozione

Tempo di lettura: 3 minuti

“Le crisi e i fallimenti adottivi sono pochi, la maggior parte delle adozioni va a buon fine.”

Questa è una frase che si legge spesso e che purtroppo non aiuta chi fa questa esperienza, anzi li fa sentire un’eccezione, un incidente di percorso. In realtà le crisi familiari sono più frequenti di quello che si pensa, ma questo non significa che rappresentino la fine del mondo. Possono invece essere una grande occasione di crescita personale.

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A volte succede, nonostante tutte le aspettative e gli sforzi, che un’adozione prenda una piega diversa da quella che avevamo immaginato. Quando accade, noi genitori ci ritroviamo a chiederci: abbiamo sbagliato qualcosa? Siamo noi i colpevoli? Cosa avremmo potuto fare di diverso? Siamo davvero dei pessimi genitori? Eppure, pensavamo di aver fatto di tutto. E nel frattempo, guardiamo a chi “ce l’ha fatta”, a chi ha costruito “una bella famiglia” attraverso l’adozione.

Parlare di fallimento adottivo è difficile, perché contraddice l’immagine romantica e idealizzata dell’adozione come soluzione definitiva per tutti i problemi del bambino e della coppia. Ma forse è tempo di cambiare prospettiva e vedere l’adozione per ciò che è realmente: un percorso di vita, con i suoi alti e bassi, proprio come qualsiasi altro viaggio che affrontiamo.

Che cos’è il fallimento adottivo?

Nell’accezione comune, il termine “fallimento adottivo” evoca situazioni difficili da digerire, non solo per gli adottati e i genitori adottivi, ma soprattutto per chi osserva queste realtà dall’esterno. Questo termine si riferisce a quei momenti in cui l’adozione non riesce a mantenere un equilibrio positivo, portando a una rottura irreversibile della relazione tra il figlio adottato e la famiglia adottiva. Può significare che il bambino viene “restituito” durante l’anno preadottivo, trasferito in un’altra famiglia adottiva o affidataria, o che il ragazzo, una volta maggiorenne, si allontani definitivamente dalla famiglia per vivere da solo.

Definire un fallimento adottivo come tale può essere doloroso, perché implica una sorta di “sconfitta” per tutte le persone coinvolte, in particolare per i genitori, spesso a causa dello stigma sociale. Tuttavia, è importante sottolineare che non è sempre colpa di qualcuno. A volte, nonostante tutti gli sforzi e le migliori intenzioni, le cose semplicemente non funzionano.

Un percorso complesso e imprevedibile

Un fallimento adottivo non è necessariamente dovuto a una mancanza di impegno o amore da parte dei genitori adottivi. È un evento complesso che può essere causato da una combinazione di fattori: traumi pregressi del bambino, difficoltà di adattamento e attaccamento, aspettative irrealistiche come l’idea che l’amore e l’impegno siano sufficienti per superare ogni difficoltà. Spesso, le sfide sono più grandi di quanto ci si immagini, e il supporto da parte dei servizi sociali, degli specialisti e della comunità è insufficiente, lasciando le famiglie isolate e impotenti di fronte alle difficoltà che emergono.

È un po’ come quando ci si sente sfortunati nella vita, quando ogni tentativo sembra finire in un vicolo cieco e ci si chiede se il destino sia contro di noi, oppure se siamo noi ad aver provocato il destino. Ma è davvero un fallimento?

Evoluzione naturale: una nuova prospettiva

Io ritengo che il termine “fallimento adottivo” non sia giusto per descrivere ciò che accade quando una relazione adottiva non funziona come previsto. Forse, più che un fallimento, si tratta di una possibile evoluzione naturale che porta a nuove comprensioni e possibilità, se ce lo permettiamo. Questo approccio potrebbe anche aiutare a ridefinire cosa significa “successo” nell’adozione, spostando il focus dal risultato perfetto al percorso di crescita personale.

La verità è che la vita stessa, non solo l’esperienza adottiva, è un percorso costellato di fallimenti che, nel tempo, conducono a successi graduali. Ogni passo falso, ogni errore, è un tassello importante per crescere e imparare. Forse dovremmo smetterla di pensare che l’adozione sia sinonimo di felicità garantita, di una meravigliosa costruzione familiare e basta. Nonostante tutto l’impegno e la dedizione, a volte le cose prendono una piega “sbagliata”, anche se abbiamo fatto tutto il possibile.

Accettare le difficoltà

Come facilitatore dei gruppi di automutuoaiuto sull’adozione, ho incontrato genitori che lottano con questo senso di angoscia, vergogna e colpa quando raccontano di storie che non sono andate come speravano. Ma perché l’adozione dovrebbe necessariamente essere una favola a lieto fine? Perché non possiamo accettare che, come in tutte le storie umane, ci siano anche momenti di grandi difficoltà e situazioni che sfuggono al nostro controllo?

L’adozione è un cammino complesso, fatto di persone uniche, esperienze diverse, caratteri e aspettative che si intrecciano. Ogni storia è a sé, e le variabili sono infinite. Anche con i colloqui preadottivi più accurati e gli abbinamenti più ponderati, non si può mai prevedere come evolveranno le cose. Ma se lo inseriamo nella giusta ottica, è un percorso che può portare a una crescita personale immensa, e forse proprio nei momenti più difficili si nascondono gli insegnamenti più profondi.

Creare una nuova narrativa

Impariamo a non giudicare il “fallimento” come un fallimento, ma come una possibile traiettoria di vita, un’opportunità per esplorare nuove prospettive, imparare e adattarsi. Per chi crede nella predestinazione, forse siamo stati destinati a questo passaggio faticoso per migliorarci. Quando ci si approccia all’adozione, è fondamentale chiedersi se siamo pronti a soffrire con l’intensità che una situazione difficile potrebbe richiedere.

Nel cosiddetto “fallimento” dovremmo guardare, piuttosto, a ciò che ha funzionato, a ciò che l’esperienza, per quanto dolorosa e luttuosa, ha portato nelle nostre vite. L’adozione è una crescita continua, sia per gli adottati che per i genitori adottivi. E, forse, si cresce davvero quando il percorso non è rettilineo, quando ci si trova a dover affrontare e accogliere anche quei bassi che, paradossalmente, ci aiutano a diventare persone migliori. È proprio nei momenti di tensione che tutte le parti coinvolte, figli e genitori, sono spinte a confrontarsi con le loro paure, vulnerabilità e aspettative.

Parlare apertamente e sostenersi a vicenda

Quando accettiamo che la vita, e quindi anche l’adozione, non è sempre lineare o priva di ostacoli, creiamo uno spazio sicuro dove tutte le esperienze, anche quelle più difficili, trovano un loro significato. Il primo passo è accettare che il fallimento adottivo possa accadere e che non sempre è colpa di qualcuno. È normale provare emozioni intense come dolore, rabbia, senso di colpa, vergogna e delusione. Dare spazio a queste emozioni, senza reprimerle, è una fase di cura fondamentale. Sentirsi sopraffatti non significa che si è fallito come persone o come genitori, ma costituisce una fase necessaria nel processo di crescita.

Rivolgo un invito ai genitori adottivi, agli adottati e alla comunità adottiva nel suo complesso a parlare apertamente delle proprie esperienze, anche quando non sono perfette. Normalizzare la conversazione sui fallimenti è fondamentale per creare una comunità dove ci si possa sostenere a vicenda, condividere vulnerabilità e trovare nuove strade per affrontare i problemi insieme.

I gruppi di automutuoaiuto nell’adozione

I gruppi di automutuoaiuto di PuntoAdozione e AMA (Associazione Auto Mutuo Aiuto Milano Monza Brianza OdV) sono fondamentali per condividere esperienze e trovare conforto nel sapere che non si è soli. Parlando con altre famiglie che hanno vissuto situazioni simili, si può imparare dalle esperienze comuni e trovare sostegno emotivo. Gli intergruppi mensili tra genitori adottivi e adottati adulti sono particolarmente preziosi per l’apprendimento reciproco che possono dare i vissuti contrapposti e i momenti di crisi sperimentati nella propria famiglia.

Perdonarsi e accettare che, nonostante il fallimento, si è comunque dato il massimo possibile, è un passo fondamentale verso la guarigione. Infine, è essenziale contribuire a creare una nuova narrativa sull’adozione, che non veda il fallimento come una vergogna, ma come parte della realtà di un percorso complesso e unico. Dobbiamo raccontare l’adozione per ciò che è: una storia vera, fatta di piccole vittorie e grandi sfide, di momenti di luce e di ombre profonde, che ci può insegnare ad accogliere tutto ciò che arriva, anche quando non è come lo avevamo immaginato, e che ci fa crescere insieme, più forti e più umani.

Avvertenza: Le opinioni e i punti di vista espressi negli articoli presenti su questo sito riflettono esclusivamente il pensiero dell’autrice, Alessandra Pritie Maria Barzaghi. Tutti i contenuti sono pensati per offrire spunti di riflessione utili e interessanti, e momenti di approfondimento su tematiche adottive, e non hanno finalità di consulenza psicologica, medica o legale. La riproduzione dei materiali presenti in questo sito è consentita solo previa autorizzazione scritta dell’autrice.

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