- Perché accade?
- L’amore si esprime in modi diversi
- Cosa possono fare i genitori adottivi?
Tempo di lettura: 3 minuti
Un giorno mia figlia, adottata a quattro anni, mi ha detto queste parole: “Mamma, io non so come si fa a voler bene.” Una frase che racchiude il dramma profondo di alcuni bambini e ragazzi adottati.
Leggi tutto: “Mamma, io non so come si fa a voler bene”Ripensando a quando era piccola, ricordo quanto fosse buffo e allo stesso tempo commovente il suo modo di imitare il gesto di un bacio sulla guancia, un gesto che non aveva mai dato né ricevuto. Univa le labbra e schioccava un bacio prima di sfiorarti.
Per chi ha sperimentato avversità nella prima infanzia, non ha avuto figure significative o ha vissuto esperienze con adulti maltrattanti, dimostrare amore non è qualcosa di naturale o spontaneo. Eppure, ci sono genitori adottivi che si dispiacciono della “freddezza” dei figli, percependola quasi come un torto nei loro confronti.
Dietro questa apparente distanza emotiva si nasconde una realtà molto più complessa: come si può imparare ad amare e a dimostrare affetto, se non si è mai stati amati o accolti?
Io stessa ho una storia adottiva e ammetto di non essere particolarmente espansiva. Sono sempre stata poco incline a prolungare i gesti di affetto con familiari e amici. Ricordo che, da bambina, le manifestazioni entusiastiche di nonne e zie mi davano parecchio fastidio, soprattutto i cosiddetti baci “salivati” sulla mia guancia, le strette di mano forti e gli abbracci lunghi e intensi. Eppure, dentro di me, volevo loro un bene dell’anima. Questa mia incapacità di sostenere i gesti di affetto, che poi ho imparato a superare, mi faceva sentire sciocca.
Quando alcuni adottati mi hanno confidato di avere paura degli abbracci, di non sapere come abbracciare o come reagire a un gesto di affetto, ho capito che dovevo smetterla di sentirmi in difetto. Ho incontrato adottati che inventano scuse per sottrarsi agli abbracci e tengono le persone a opportuna distanza fisica. Per alcuni, persino il solo tocco può generare grande disagio. È come se fossero congelati, incapaci di accedere e di esprimere il proprio mondo emotivo.
Perché accade?
La distanza emotiva non è mai una scelta deliberata o un rifiuto intenzionale, ma spesso il risultato di una storia difficile e di strategie di sopravvivenza sviluppate nella prima infanzia.
Di fronte a manifestazioni d’affetto, ci si sente sorpresi e disorientati, incapaci di comprendere di meritare finalmente attenzione, amore e accoglienza, soprattutto se si è abituati a relazioni austere o ambivalenti, come quelle vissute negli orfanotrofi o in contesti di abbandono.
Molti adottati si portano dentro un senso di inadeguatezza o di “non essere abbastanza” per non essere stati amati o voluti dalla loro famiglia biologica. Questa difficoltà può protrarsi fino all’età adulta, diventando una caratteristica faticosa da modificare.
Avendo vissuto il trauma del distacco dai genitori biologici, alcuni temono inconsciamente di perdere di nuovo chi amano. Sviluppare una fiducia autentica negli altri diventa arduo.
Può però accadere il contrario: il bisogno d’amore è così grande da rendere alcuni adottati molto espansivi e invadenti, con un’esigenza di contatto fisico continuo con le persone. Altri sviluppano una forte spinta all’autonomia, rifiutando il bisogno di amore o supporto per non sentirsi vulnerabili. Si costruiscono una corazza per proteggere il proprio mondo interiore.
Alcuni diventano estremamente generosi, donando tutto ciò che possono per sentirsi utili e accettati, spesso non contraccambiati.
Ho notato che gli adottati tendono a realizzarsi in professioni di aiuto al prossimo, diventando operatori sanitari, assistenti agli anziani e all’infanzia, dove il prendersi cura degli altri diventa una missione personale.
L’amore si esprime in modi diversi
A volte l’amore di un figlio adottivo non si esprime attraverso abbracci o parole dolci, ma con piccoli gesti che richiedono un enorme sforzo emotivo e per questo vanno riconosciuti e apprezzati. È importante non confondere la loro difficoltà nel dimostrare affetto con un’assenza di sentimenti.
Alcuni adottati riescono a scoprire questa capacità diventando genitori. In questo ruolo, molti si rivelano amorevoli e affettuosi con i propri figli, trovando una nuova via per esprimere quel sentimento che per anni è stato difficile da esternare.
Cosa possono fare i genitori adottivi?
Innanzitutto, non prenderla sul personale né offendersi se il bambino o il ragazzo appare duro o sbrigativo.
Riconoscere il trauma che il figlio potrebbe portare dentro di sé, comprendendo che la distanza non è un rifiuto personale ma una difesa istintiva.
Non arrendersi alla distanza emotiva, continuando a offrire amore e presenza costante, e non forzare gesti o dimostrazioni d’affetto, ma rispettare i tempi del figlio, costruendo una relazione basata sulla fiducia.
L’amore non si impara con le parole, ma con l’esperienza. Diamo ai figli il tempo e lo spazio di sentirsi al sicuro per scoprire, a loro modo, come si fa a voler bene.
Avvertenza: Le opinioni e i punti di vista espressi negli articoli presenti su questo sito riflettono esclusivamente il pensiero dell’autrice, Alessandra Pritie Maria Barzaghi. Tutti i contenuti sono pensati per offrire spunti di riflessione utili e interessanti, e momenti di approfondimento su tematiche adottive, e non hanno finalità di consulenza psicologica, medica o legale. La riproduzione dei materiali presenti in questo sito è consentita solo previa autorizzazione scritta dell’autrice.