Questa è la mia storia di adozione internazionale e di identità multipla.
Mi chiamo Claudio Eliseo, ma la mia identità è il risultato di una vicenda complessa e frammentata, intrecciata tra due continenti, due famiglie e molteplici vite. Un dettaglio significativo, quasi simbolico della mia esperienza, è il fatto che ho tre certificati di nascita, ognuno dei quali riflette una fase diversa della mia storia.
Leggi tutto: Le 4 identità di ClaudioSono nato in Cile come Claudio Rojas Ramirez, figlio di due adolescenti, Lucho e Patricia, in un contesto di povertà estrema e marginalità sociale. Questo primo certificato rappresenta le mie radici, la mia origine biologica. Tuttavia, nel processo di adozione, il mio nome fu modificato in Pasqualino Puddu Artizzu, un nome scelto da mia madre adottiva italiana, Anna, per mantenere una tradizione familiare. Questo secondo certificato, però, creò complicazioni legali legate al requisito di età tra adottante e adottato, e dovette essere corretto in Claudio Eliseo Rojas Ramirez, il nome che porto oggi.
Ogni certificato di nascita è un frammento della mia storia: il bambino nato in Cile, il figlio adottato in Italia e l’adulto che ha ricostruito il ponte con il proprio passato. Questi documenti non sono solo pezzi di carta, ma rappresentano tangibilmente le identità che ho dovuto conciliare lungo il mio cammino.
Sono arrivato in Italia nel 1980, inconsapevole del percorso che mi aveva condotto lì e delle trasformazioni burocratiche che avevano accompagnato il mio trasferimento. Mia madre adottiva, Anna, ha venduto un terreno per affrontare i costi del viaggio e portarmi con sé, spinta da un desiderio materno fortissimo. Al mio arrivo, sono stato accolto come una piccola celebrità nel loro paese. Tuttavia, dietro l’apparenza di una nuova vita perfetta, si nascondevano sfide complesse legate alla mia integrazione e all’accettazione della mia diversità.
Ho frequentato l’asilo, gli scout, la scuola media privata e persino il catechismo, dove sono diventato catechista. Eppure, i commenti e gli sguardi degli altri non mancavano mai, segno di una società che faticava a comprendere pienamente l’adozione e la diversità somatica. Anche a casa, il rapporto con i miei genitori adottivi era segnato da dinamiche particolari: mia madre era una presenza forte e iperprotettiva, mentre mio padre restava più distaccato, pur essendo felice di avere finalmente un erede da presentare alla famiglia.
L’adolescenza e l’età adulta mi hanno portato a esplorare la mia identità in modi nuovi. Dopo un percorso travagliato in Italia, ho deciso di tornare in Cile nel 2005, spinto dal desiderio di ritrovare le mie origini e scoprire cosa fosse accaduto alla mia famiglia biologica. È stato un viaggio ricco di emozioni e scoperte. Grazie all’aiuto di una ONG e della polizia locale, ho ritrovato mio padre, che non aveva mai cercato di nascondere la mia esistenza, e infatti la sua attuale compagna conosceva ogni dettaglio. Poco dopo, ho incontrato anche mia madre, Patricia, in una favela di Iquique, e infine ho rintracciato mio fratello, Luchito, che purtroppo si trovava in carcere.
Questi incontri hanno dato un senso a ciò che prima era rimasto frammentato. Mio fratello mi ripeteva continuamente: “Che fortuna hai avuto!” Ma per me non è mai stata questione di fortuna. La parola che meglio descrive il mio percorso è opportunità, perché riflette come ho sviluppato la mia vita in relazione alle mie esperienze e ai miei obiettivi, nonostante il peso delle aspettative familiari legate alla mia condizione di adottato.
Tornato in Europa, ho vissuto a Barcellona per quasi dieci anni, dove ho costruito una carriera e una vita soddisfacente. Tuttavia, quando la salute di mia madre adottiva peggiorò a causa di una demenza, decisi di rientrare in Sardegna per prendermi cura di lei. Questo sacrificio ha segnato profondamente il mio percorso, ma mi ha anche permesso di intraprendere una nuova avventura: diventare affidatario di una bambina di origine peruviana. Questo legame, nato dalla compatibilità delle nostre storie e lingue, è diventato per me un nuovo stimolo di vita.
Dal 2017 ho in affido questa bambina, che all’epoca aveva 10 anni, un affido a lungo termine inizialmente previsto per due anni, che si è poi trasformato in un affido in attesa di adozione. Questa esperienza rappresenta un’altra possibilità per me di esprimere l’opportunità ricevuta. La mia speranza è che mia figlia prosegua gli studi universitari a Barcellona e diventi architetto: questa sarà la sua opportunità, che sono certo saprà sfruttare al meglio.
Oggi vivo con la consapevolezza che l’adozione ha plasmato il mio destino in modi che non sempre sono stati facili da accettare. Ho trovato un equilibrio tra il mio passato cileno e il mio presente italiano, cercando di trasformare ogni difficoltà in una possibilità di crescita. Attraverso i miei tre certificati di nascita, porto con me una testimonianza concreta della complessità della mia esistenza e del valore delle mie molteplici vite.