Al momento stai visualizzando ADOZIONI INTERNAZIONALI: QUANDO IL PROBLEMA NON SI RISOLVE, SI SPOSTA

ADOZIONI INTERNAZIONALI: QUANDO IL PROBLEMA NON SI RISOLVE, SI SPOSTA

Tempo di lettura: 4 minuti

La decisione della Svizzera di vietare le adozioni internazionali mette in discussione un intero sistema, e capisco il senso di smarrimento di chi vi ha investito anni.

Ho adottato mia figlia nel 2006 con adozione internazionale e posso comprendere l’angoscia delle coppie che desiderano adottare, lo sconcerto delle associazioni di genitori adottivi e la preoccupazione degli enti autorizzati per il loro futuro.
Ma come figlia adottiva, non posso ignorare ciò che una narrazione selettiva ha evitato di dire: non si tratta di qualche caso isolato di abuso.

Leggi tutto: ADOZIONI INTERNAZIONALI: QUANDO IL PROBLEMA NON SI RISOLVE, SI SPOSTA


La Svizzera ha deciso di chiudere dopo un’indagine approfondita durata un anno e affidata a un gruppo indipendente di esperti. Nel comunicato stampa del Consiglio Federale svizzero del 29 gennaio 2025, si parla di “numerose irregolarità su larga scala”. Sarebbero migliaia i bambini adottati illegalmente all’estero da cittadini svizzeri. I risultati di alcuni studi commissionati mostrano l’esistenza di pratiche illegali nei Paesi di provenienza, traffico di bambini, falsificazione di documenti e false indicazioni di origine. Il divieto, quindi, non è una punizione collettiva, ma la conseguenza di un problema sistemico.

La realtà è che il controllo sulle origini dei bambini e sulla reale volontà dei loro genitori biologici, in troppi casi, è stato inesistente o opaco un po’ dappertutto. Ho non pochi amici e conoscenti con storia adottiva che hanno potuto compiere il viaggio delle origini e hanno scoperto che le loro madri non avevano rinunciato a loro, e se l’avevano fatto era stato per mancanza di supporto sociale e familiare, costrette o ingannate.

Si potrebbe obiettare che il Consiglio Federale avrebbe potuto stabilire interventi drastici contro chi si comporta in modo scorretto e disonesto, permettendo così di continuare a lavorare con chi è serio e affidabile. Ma forse ha semplicemente pronunciato una resa di fronte a un sottobosco che non smetterà di crescere altrove e quindi si è chiamato fuori per non essere connivente. Il rapporto del gruppo indipendente di esperti ha infatti concluso: “Anche con leggi ben strutturate, non è possibile prevenire del tutto gli abusi. Un divieto rappresenta il miglior modo per proteggere adeguatamente tutte le persone coinvolte, in particolare i bambini.”

Il tema sta tenendo banco nei social in questi giorni, oscurando un altro punto rivoluzionario della delibera del Consiglio Federale svizzero: il diritto degli adottati alla verità sulle proprie origini.
Mentre il dibattito italiano si concentra su quanto sia “ingiusto” fermare le adozioni per “pochi abusi”, la Svizzera ha riconosciuto il fallimento della tutela degli adottati rispetto alla ricerca delle proprie origini.

Sempre nel comunicato stampa della Confederazione Elvetica del 29 gennaio 2025, si dichiara infatti che gli adottati “devono” sempre avere la possibilità di accedere alle informazioni sulle proprie origini, un diritto rafforzato dall’uso del verbo must, nella versione inglese, che ne evidenzia l’imperatività. Questo perché l’attuale base giuridica è insufficiente, soprattutto nei casi di adozioni irregolari.

La legislazione svizzera già garantisce alle persone adottate il diritto di conoscere l’identità dei propri genitori biologici al raggiungimento della maggiore età e, prima di tale età, se l’adottato può dimostrare un interesse legittimo, con il consenso delle parti. Ora, il Consiglio federale, alla luce di numerosi casi di irregolarità in passato, vorrebbe sostenere le vittime nella ricerca delle loro origini e ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di esaminare una revisione legislativa.

Qui in Italia la ricerca delle origini è una preoccupazione che si affronta per lo più all’interno delle famiglie, meno nelle istituzioni. Enti e associazioni sono occupati a cercare di invertire la tendenza del calo drastico delle adozioni in generale. Lo fanno minimizzando o forzando la narrazione, e cercando nuovi Paesi da cui adottare in tempi più rapidi, spesso in contesti dove i diritti dell’infanzia sono già debolmente tutelati.

Salvo errori ed omissioni, riporto qui di seguito la situazione:

Nuovi Paesi da cui si adotta:
• Sierra Leone (9 adozioni concluse nel 2022)
• Ghana (primi casi di adozione nel 2025)

Paesi che hanno chiuso le adozioni internazionali:
• Cina (2024)
• Etiopia (2018)
• Russia e Ucraina (sospensione a causa della guerra)
• Guatemala e Cambogia (chiusure per casi di traffico di minori)
• Nepal (2010, per preoccupazioni etiche e irregolarità)
• Romania (2005, vietate salvo eccezioni per parentela fino al quarto grado)
• Armenia (2019, sospensione temporanea per indagini su traffico di minori)

Paesi adottanti che hanno sospeso le adozioni internazionali:
• Francia (2016, sospese adozioni dalla Dominica per irregolarità)
• Danimarca (2024, interruzione delle adozioni dalla Cina)
• Svezia (2021, sospensione temporanea per indagini su irregolarità)
• Quebec (Canada) (sospensione per preoccupazioni etiche)

Paesi adottanti che hanno interrotto le adozioni internazionali:
• Paesi Bassi (2021, cessazione definitiva dopo indagini su abusi)
• Danimarca (2024, chiusura dell’unica agenzia autorizzata per le adozioni internazionali)
• Svizzera (2025, divieto definitivo con legge in preparazione)

Se il problema è il rischio di abusi e irregolarità, si possono davvero escludere rivolgendosi a nuovi Paesi con legislazioni più fragili? Se gli enti adottivi vogliono davvero proteggere i minori, perché non si impegnano per rendere l’adozione più accessibile in Italia, con processi più snelli e supporto post-adozione garantito finché necessario?

Tanti Paesi hanno tirato i remi in barca, altri hanno capito che non basta cambiare “fornitore” quando le cose si complicano. Noi di Punto.Adozione non ci stancheremo mai di dirlo: serve un cambio radicale che metta al centro i diritti degli adottati, e non solo il desiderio degli adulti di diventare genitori.

Lascia un commento