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- I limiti della genitorialità nell’adozione chiusa
- L’adozione aperta: un arricchimento per i genitori adottivi
- Superare i timori e accogliere la complessità
- Conclusione
In Italia, l’adozione chiusa e legittimante è stata per anni l’unica modalità possibile, chiudendo le porte a ogni legame tra il bambino adottato e la sua famiglia biologica. Di recente, con la sentenza 183/2023 della Corte costituzionale, si è aperto uno spiraglio verso l’adozione aperta. Questa nuova possibilità, sotto la supervisione dei giudici e degli assistenti sociali, potrebbe consentire ai figli adottivi di mantenere un contatto con le proprie origini. Tuttavia, il percorso per rendere questa opzione davvero accessibile e priva di ostacoli è ancora lungo e pieno di resistenze, poiché lascia il potere decisionale ai genitori adottivi, che possono scegliere se e come permettere al figlio di mantenere i legami con la famiglia biologica.
Affidare ai genitori adottivi la scelta sul mantenimento dei legami biologici del figlio significa, di fatto, non riconoscere appieno il diritto del figlio adottivo alla propria storia. È una decisione che limita la libertà e la crescita individuale dell’adottato, vincolandolo alla volontà di chi, pur spinto dal desiderio di “protezione”, può inconsapevolmente proiettare il figlio in un conflitto tra gratitudine e identità.
L’adozione aperta potrebbe invece liberare i genitori adottivi dal peso di dover “cancellare” il passato del figlio, permettendo loro di essere parte di un processo in cui la storia biologica del bambino è riconosciuta e integrata. In questo senso, l’adozione aperta non è solo una tutela per il figlio adottivo, ma anche un’opportunità per i genitori stessi di vivere la genitorialità in modo più completo, rispettando le sfumature di un’esperienza adottiva che include anche la famiglia biologica.
I limiti della genitorialità nell’adozione chiusa
Nell’adozione chiusa, i genitori adottivi instaurano una relazione con un figlio il cui passato è come una storia a metà: fondamentale, ma inaccessibile. Questo modello genera timori e insicurezze, soprattutto riguardo alla possibilità che, un giorno, l’adottato possa rivolgersi alle proprie radici biologiche in cerca di risposte. Tali paure riflettono un retaggio culturale che vede ancora il figlio come una sorta di “proprietà” genitoriale, piuttosto che come una persona autonoma, con un’identità propria. Questo atteggiamento può condurre a un controllo eccessivo, che tenta di mantenere il figlio in una condizione di dipendenza anziché di emancipazione e consapevolezza di sé.
Del resto, l’adozione chiusa è stata concepita principalmente per garantire la serenità educativa dei genitori stessi, con il passato del figlio adottivo percepito come una minaccia da neutralizzare.
L’adozione aperta: un arricchimento per i genitori adottivi
L’adozione aperta offre invece un modello di genitorialità che, pur non essendo privo di sfide, consente ai genitori adottivi di costruire una famiglia non come sostituzione, ma come aggiunta e integrazione. In Paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Australia, l’adozione aperta ha portato numerosi benefici, consentendo ai genitori di vivere la propria genitorialità senza la paura di essere “sostituiti” o di “perdere” il figlio una volta raggiunta la maggiore età. Questo approccio permette loro di comprendere e apprezzare il valore della famiglia biologica, sviluppando un rapporto di rispetto e reciproca comprensione.
Come evidenziato nel libro The Adopted Child di Jesús Palacios e David Brodzinski, massimi esperti di adozione a livello internazionale, una relazione aperta con la famiglia biologica non solo rafforza il senso di appartenenza e sicurezza del figlio adottivo, ma anche la fiducia dei genitori adottivi, che vedono il proprio ruolo non come un antagonismo rispetto alla famiglia d’origine, ma come una complementarità. Attraverso l’adozione aperta, i genitori adottivi possono superare le proprie insicurezze, vivendo un’esperienza umana che arricchisce tanto loro stessi quanto il figlio, e che si fonda sulla collaborazione e la condivisione.
Superare i timori e accogliere la complessità
L’adozione chiusa tende a bloccare molte opportunità di crescita emotiva e personale per i genitori adottivi. I timori di perdere il proprio figlio, di essere visti come “genitori di serie B” o di non riuscire a entrare a pieno nella vita del figlio sono spesso la manifestazione di paure radicate in norme culturali che vedono ancora la genitorialità adottiva in contrasto con quella biologica. Questa paura è ancor più evidente in Italia, dove l’adozione aperta è percepita come un rischio piuttosto che come un’opportunità.
L’adozione aperta rappresenta una possibilità di arricchimento non solo per il figlio adottivo, che cresce con una consapevolezza e sicurezza identitaria più complete, ma anche per i genitori adottivi. Accogliere il figlio come un individuo autonomo, anziché come una proprietà da proteggere e controllare, costituisce una svolta culturale necessaria per rendere l’adozione un’esperienza umana e arricchente.
Conclusione
In definitiva, nell’adozione chiusa e legittimante sono gli stessi genitori adottivi a perdere una possibilità di arricchimento, rinunciando a conoscere e ad accogliere una parte della storia del figlio che, anziché essere vissuta come una minaccia, potrebbe rivelarsi un tesoro da condividere e rispettare.
Scegliere di vedere il figlio adottivo nella sua complessità, riconoscendo il valore della sua storia biologica e l’importanza di una rete familiare più ampia, significa andare oltre la prospettiva chiusa della genitorialità adottiva. L’adozione, lungi dall’essere una “proprietà” da difendere, è una relazione che si fonda sull’amore autentico e sul rispetto, valorizzando l’identità plurale del figlio e regalando ai genitori adottivi un’esperienza di crescita e arricchimento irrinunciabile.