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Il disastro silenzioso della narrazione incentrata sugli adulti

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C’è un disastro silenzioso che pochi vogliono vedere. È quello provocato da una narrazione che ha messo al centro il punto di vista degli adulti.
Una narrazione che ha fatto danni enormi agli adottati, ai loro sentimenti, alla loro libertà di sentire altro, al loro diritto di esistere nella complessità.

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Per anni — decenni — si è raccontata l’adozione come una favola a lieto fine, come un gesto d’amore compiuto da adulti coraggiosi verso bambini “sfortunati”.
Tutto il racconto è ruotato intorno agli adulti: il loro desiderio, il loro percorso, le loro attese, le loro emozioni.

E i figli? Destinati a interpretare il ruolo assegnato: essere grati, essere felici, essere “finalmente amati”.

Così, molti adottati hanno imparato a tacere le proprie ferite per non deludere, per non rovinare l’atmosfera gioiosa.
Hanno nascosto domande, dolori, nostalgie.
Hanno imparato che certe emozioni non si potevano nominare.
Che dire “mi manca la mia mamma di nascita” era come tradire.
Che voler conoscere le proprie origini era percepito come un affronto o un fallimento.

Il diritto a essere tristi, arrabbiati, spaesati, curiosi… è stato negato o minimizzato.
Le parole sono state addolcite, le esperienze semplificate, le verità distorte.
E così l’adottato ha dovuto adattarsi a quella narrazione, ingoiando spesso la propria verità per non essere etichettato come ingrato o problematico.

Nella pedagogia più attenta, si invita l’adulto ad abbassarsi all’altezza del bambino per vederlo davvero, per comprenderlo da vicino.
Ma nell’adozione, troppo spesso, è stato il bambino a dover alzarsi, faticosamente, per raggiungere l’adulto.
Per farsi sentire.
Per essere accettato.
Per non deludere le aspettative.

Una visione dell’adozione costruita dagli adulti, per gli adulti, ha spesso lasciato sullo sfondo i vissuti più profondi dei figli. Ha tolto spazio all’ascolto, privando molti adottati della libertà di raccontarsi davvero. Ha reso l’adozione una strada a senso unico, dove l’amore dichiarato non bastava a colmare la distanza emotiva.

Ma oggi, lentamente, le voci degli adottati si stanno sollevando. Con coraggio, stanno raccontando un’altra storia. Più vera. Più scomoda. Ma anche più giusta.
Lo stanno facendo con noi di Punto.Adozione.

Punto.Adozione è uno spazio che sta cercando un’alleanza vera con i genitori. Un luogo dove si vuole costruire ripartendo da zero, con onestà, con umanità.
E non siamo soli.
Molti genitori illuminati e consapevoli partecipano, ascoltano, si mettono in discussione, condividono con noi il desiderio di far crescere una nuova cultura adottiva.
Una cultura dove i figli non devono più avere paura di dire la verità. Dove la verità non è contro l’amore.
La verità è amore.

Se sei figlio, se sei genitore: unisciti a noi.
Racconta e raccontati.
Tante sono le iniziative, gli spazi di ascolto, le opportunità di confronto reale.
Perché cambiare la narrazione è possibile.
E lo possiamo fare solo insieme.

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