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Rabbia e isolamento negli adolescenti adottivi

Una possibile spiegazione basata sulla nostra esperienza diretta di persone adulte adottate

Tempo di lettura: 3 minuti

  • La reciprocità del primo incontro
  • Bisogni che mutano nel tempo
  • La necessità di “liberarsi” dei genitori
  • Figli irriconoscibili
  • Il passato, che dolore!

La reciprocità del primo incontro

Inizialmente, durante l’evento adozione, figli e genitori possono avere bisogni simili o coincidenti. Ad esempio, entrambi possono colmare un vuoto, emotivo o procreativo: i genitori desiderano avere figli, mentre il bambino necessita di una famiglia e di figure amorevoli di riferimento.

Questo momento iniziale può essere caratterizzato da una sorta di “collocazione reciproca” dei bisogni. Va detto che nei genitori questo desiderio è consapevole, nel bambino no, cioè tutto avviene a sua insaputa. E il senso di impotenza rispetto alle scelte subite dagli altri, radicato inconsciamente, può avere ripercussioni nella sua vita da adulto.

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Bisogni che mutano nel tempo

Con il passare del tempo, la famiglia evolve come un sistema dinamico: man mano che il figlio cresce e prende consapevolezza della sua storia, la reciprocità assume equilibri diversi. I bisogni del figlio possono cambiare, poiché potrebbe aver sviluppato relazioni significative con i genitori adottivi, acquisendoli come figure di riferimento affettive. Al contrario, potrebbe aver incontrato difficoltà nello sviluppare tale legame, condizionato dalla sensazione di essere stato strappato alla sua vita precedente, alle sue abitudini e alle figure affettive, e resettato per adattarsi alla nuova realtà. In entrambe le situazioni, emerge nel figlio la necessità di confrontarsi con la consapevolezza della sua condizione adottiva, il desiderio di scoprire le radici e di integrare la conoscenza dei genitori biologici nella propria identità, oppure di ripristinare il legame con la famiglia d’origine.

La famiglia adottiva, infatti, non è un’entità sostitutiva che con il suo arrivo nella vita del bambino soppianta o cancella il passato, ma piuttosto genera un nuovo capitolo che si aggiunge alle sue esperienze precedenti e le sviluppa.

La necessità di “liberarsi” dei genitori

Alcuni di noi trovano difficile accettare l’eccessiva protezione dei genitori dovuta alla nostra storia traumatica, poiché involontariamente ci sentiamo ancora considerati bisognosi. Possiamo sperimentare disagio e rabbia a causa della percezione di essere diversi dagli altri o di essere trattati in modo diverso dai nostri coetanei che sembrano più indipendenti e degni di fiducia.

A volte può emergere in noi la necessità di “uccidere metaforicamente” i genitori, intendendo con ciò il distanziamento emotivo necessario per essere liberi di completare la nostra biografia senza sentirsi vincolati dalle aspettative, dai desideri e dai sentimenti di mamma e papà. In situazioni estreme, questo distacco può essere motivato anche dal bisogno di svincolarsi da un attaccamento possessivo da parte di genitori, il cui senso di identità e valore è fortemente legato al loro ruolo genitoriale, un atteggiamento che può portare i genitori a insistere nel mantenere il controllo sulle vite dei propri figli anche quando tale controllo non è più appropriato.

Spinti dalla necessità di elaborare da soli aspetti fondamentali dell’identità, senza il peso di dover preoccupare o deludere i nostri genitori, il processo di distacco può comportare il silenzio o la riservatezza riguardo alle nostre stesse ansie e preoccupazioni.

Figli irriconoscibili

I genitori potrebbero dichiarare di non riconoscere più il proprio figlio una volta che entra nell’adolescenza. L’essere arrabbiati distaccati, incuranti e ripiegati su se stessi sono caratteristiche di quest’età. Tuttavia, questa fase è ancor più intensa per noi figli adottivi, poiché dobbiamo navigare avanti e indietro tra due mondi, in un viaggio interiore o reale, per rinegoziare la nostra identità e appartenenza.

Chi di noi è genitore a sua volta, non fa fatica a comprendere che mamma e papà hanno continuato a sentirsi investiti del loro ruolo di cura, e che è naturale lottare nel vedere il proprio figlio prendere le distanze emotive. Ora sappiamo quanto questa situazione sia stata difficile per loro: ha rappresentato una sorta di “abbandono del nido” costruito con tanto impegno.

Quando un figlio manifesta segni di distacco emotivo, i genitori possono attraversare una serie di emozioni, tra le quali la paura di perdere il legame affettivo o la preoccupazione che venga compromesso un presunto equilibrio raggiunto, mettendo in dubbio l’esistenza di un reale attaccamento.

In sintesi, l’adolescenza rappresenta un momento critico per tutti, ma per chi ha un retroterra adottivo sorgono conflitti interiori profondi nella definizione di chi è, a quale cultura appartiene e come conciliare gli eventi e i ricordi del passato con il presente.

Il passato, che dolore!

L’elaborazione del passato, soprattutto quando si sono vissute esperienze drammatiche durante l’infanzia, rappresenta una sofferenza costante. Convivere con situazioni non risarcibili, come l’abbandono, la decisione altrui di essere dati in adozione, l’espulsione dal proprio nucleo familiare naturale e dal Paese di nascita dove magari sono rimasti i fratelli, può generare un senso di ingiustizia, di grave perdita o addirittura di colpa e vergogna.

Noi figli abbiamo bisogno di tempo per imparare a convivere con questo immenso dolore e a mentalizzare esperienze avvenute quando non avevamo gli strumenti linguistici per descriverle. La sensazione di non avere avuto il controllo sulla propria storia o sulle decisioni prese riguardo alla nostra vita, unita alla consapevolezza di non avere informazioni esaustive sulle proprie origini e al timore di non poter mai arrivare a risolvere un mistero che pesa come un macigno sulle nostre spalle sono tutti fattori che possono suscitare sentimenti di frustrazione e rabbia.

In conclusione, le dinamiche familiari adottive possono mutare nel corso del tempo attraverso cambiamenti nei bisogni emotivi interrelazionali. È essenziale che i genitori continuino a fornire un ambiente sicuro e supportivo, e dimostrino una sensibilità approfondita rispetto all’esperienza dei figli, riconoscendo la complessità della loro storia e le fatiche del percorso identitario che prima o poi tutti sono chiamati a compiere.

Avvertenza: Le opinioni e i punti di vista espressi negli articoli presenti su questo sito riflettono esclusivamente il pensiero dell’autrice, Alessandra Pritie Maria Barzaghi. Tutti i contenuti sono pensati per offrire spunti di riflessione utili e interessanti, e momenti di approfondimento su tematiche adottive, e non hanno finalità di consulenza psicologica, medica o legale. La riproduzione dei materiali presenti in questo sito è consentita solo previa autorizzazione scritta dell’autrice.

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