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La condizione adottiva, tra orgoglio e realtà

Tempo di lettura: 2 minuti

  • La situazione ideale
  • Le alternative all’adozione
  • Il fattore autoprotettivo
  • Ci sono storie e storie
  • Un viaggio personale

Sento dire da alcuni adottati che sono fieri di esserlo. Affermano di considerare l’adozione come una benedizione nella loro vita, e la condizione adottiva diventa un elemento distintivo da celebrare e di cui farsi addirittura un vanto, quasi un nutrimento per la loro sete di attenzione.

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Tuttavia, è importante esplorare più a fondo la complessità di questo sentimento che potrebbe riflettere una mancata risoluzione interiore o una scarsa consapevolezza delle esperienze traumatiche di abbandono e adozione vissute nell’infanzia. È cruciale riconoscere che essere adottati non sempre equivale a un viaggio tutto rose e fiori e senza intoppi, ma comporta continue altalene emotivo-affettivo e psicologiche da affrontare a varie età.

La situazione ideale

Innanzitutto, è bene riconoscere che la situazione ideale avrebbe dovuto essere quella di crescere con la propria famiglia biologica, nella propria terra e cultura di origine. Gli adottati portano con sé il peso di una storia di separazione forzata, che può generare un doloroso senso di perdita e di identità frantumata. Per alcuni non è semplice accettare che la propria vita avrebbe potuto svilupparsi in modo diverso se non ci fosse stata l’adozione. Anzi, è ragionevole sottolineare che l’assenza dell’adozione non implica necessariamente che la loro vita sarebbe stata infelice. La vita è un intricato mosaico di possibilità, e chi può predire con certezza le varie caratteristiche e sfumature che possono delineare il corso di un’esistenza?

Le alternative all’adozione

La discussione sull’alternativa all’adozione spesso suscita sentimenti profondi tra adottati e non adottati. C’è chi considera come unica alternativa l’aborto. Ebbene, ci sono adottati che avrebbero preferito non essere stati messi al mondo, piuttosto di venire separati dalla loro famiglia biologica.

Una possibile soluzione, che potrebbe rendere superflua l’adozione, è quella di sostenere le madri in difficoltà, consentendo loro di crescere i propri figli. Famiglie in situazioni vulnerabili potrebbero così mantenere l’unità familiare senza dover rinunciare ai loro bambini in circostanze di emergenza. Tuttavia, questo potrebbe essere svantaggioso per certi operatori e intermediari avvezzi a logiche di profitto che comportano la privazione delle madri dei loro figli.

L’adozione rimane un’opzione significativa per gli orfani o per i minori che non possono essere accuditi dalla propria famiglia di origine, per via dell’assenza di un ambiente stabile e amorevole. E d’altra parte non sempre è facile individuare soluzioni che rispettino la dignità e i diritti di tutti gli individui coinvolti, mantenendo sempre al centro il benessere dei bambini.

Il fattore autoprotettivo

Chi afferma di essere contento di essere stato adottato potrebbe, in alcuni casi, nascondere nel proprio labirinto interiore una verità più complessa: il fattore autoprotettivo, cioè la volontà di scegliere lo scenario meno duro. Ammettere che preferirebbe essere cresciuto con la propria famiglia biologica potrebbe risultare troppo doloroso, come se ciò mettesse in discussione la sua identità o il suo amore per la famiglia adottiva. E ancora, questo atteggiamento di autoconservazione cela la paura di tutto ciò che il termine “adottato” ancora si porta dietro, cioè la vergogna di essere stati rifiutati da chi ci ha generato e la sensazione di esserne stato la causa. Da qui può scaturire una sorta di autoinganno e di evitamento delle emozioni legate all’adozione.

È vero che essere adottati può significare ricevere una seconda opportunità di vita, un’opportunità che molti non avrebbero avuto altrimenti. Tuttavia, definire l’adozione come un “dono” è un’affermazione che richiede cautela. Questo termine potrebbe semplificare e minimizzare l’esperienza complessa degli adottati, ignorando le fatiche emotive e psicologiche che possono emergere nel corso della loro vita.

Ci sono storie e storie

Inoltre, è rispettoso riconoscere che l’adozione può non essere una realtà positiva per tutti. Esistono storie di adottati che hanno vissuto in famiglie adottive disfunzionali, affrontando difficoltà e traumi che forse non avrebbero sperimentato nella loro famiglia biologica: la rottura dei legami con la famiglia di origine può essere particolarmente dolorosa, specialmente quando è causata dalla povertà e dalla mancanza di risorse, invece che da situazioni di pericolo o maltrattamenti.

Ritengo che la questione della soddisfazione riguardo all’essere adottati sia intrisa di tante e troppe sfumature per essere presa alla leggera. È importante ascoltare le diverse prospettive degli adottati, riconoscendo che ognuno porta con sé una storia unica, e soprattutto che la propria esperienza non può essere considerata uno standard universale.

Un viaggio personale

Invece di affidarsi a proclami che possono risultare irriguardosi verso altri, è necessario adottare un approccio empatico e aperto per comprendere appieno le varie sfaccettature di un viaggio misurabile soltanto in modo personale. Mentre alcuni possono sentirsi genuinamente, o ingenuamente, orgogliosi della propria condizione adottiva, ad altri il destino potrebbe aver precluso la felicità: potrebbero ancora navigare tra sentimenti di perdita, ambivalenza nell’attaccamento e desiderio di appartenenza in contesti che non hanno permesso loro di trovare autentico amore e sostegno. L’accettazione di una vita plasmata dall’adozione richiede infatti un delicato equilibrio tra il riconoscimento delle sue difficoltà e l’apertura alla ricchezza delle opportunità che l’esperienza adottiva può offrire, ma non sempre garantire.

Avvertenza: Le opinioni e i punti di vista espressi negli articoli presenti su questo sito riflettono esclusivamente il pensiero dell’autrice, Alessandra Pritie Maria Barzaghi. Tutti i contenuti sono pensati per offrire spunti di riflessione utili e interessanti, e momenti di approfondimento su tematiche adottive, e non hanno finalità di consulenza psicologica, medica o legale. La riproduzione dei materiali presenti in questo sito è consentita solo previa autorizzazione scritta dell’autrice.

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