“Non puoi capire dove andrai se non ricordi da dove vieni.”
“A volte i fantasmi restano nascosti, vagano negli angoli più bui della coscienza, e quando meno te lo aspetti, saltano fuori, ti riportano alle mente tutto ciò che avevi allontanato da te stesso.”
Con amarezza nelle parole, Saul, un giovane nativo americano, ci conduce attraverso la sua straordinaria storia, portata sul grande schermo da Clint Eastwood.
Leggi tutto: Indian Horse“INDIAN HORSE” è tratto dal romanzo di Richard Wagamese e racconta l’ignobile genocidio culturale dei nativi per mano del governo canadese, un tragico evento che ha avuto inizio nel 1800 e si è protratto fin quasi ai giorni nostri.
Il film è ambientato nel 1959, nella provincia dell’Ontario. Si apre con la fuga in canoa di quel che resta della famiglia di Saul. Sono diretti verso nord, a Winnipeg, dove “l’uomo bianco non può trovarli”. Affidato alle cure della nonna, Saul rimane orfano dei suoi genitori convertiti al cristianesimo, e perde anche il fratellino, vittima della “malattia dell’uomo bianco”. Purtroppo, la nonna muore durante il viaggio, e Saul viene trovato dalle autorità e brutalmente inserito in un convitto cattolico intriso di razzismo e malvagità.
Nell’istituto, Saul vive una quotidiana routine di abusi fisici e psicologici. Il primo gesto di annullamento della sua identità culturale è il taglio della sua lunga chioma nera. Come tutti gli altri bambini e ragazzi indiani ospitati della struttura, oltre alla perdita degli affetti, sperimenta una serie di atrocità volte a cancellare i tratti distintivi della sua cultura: la negazione del diritto a parlare la sua lingua e a praticare le tradizioni. Un incubo per i giovani nativi che si è protratto dal 1800 al 1996 e ha causato la morte di oltre 6000 dei 150000 bambini inviati nei convitti.
La sua vita sembra destinata a cambiare quando Padre Gaston Leboutilier introduce l’hockey su ghiaccio, un’attività che Saul abbraccia con passione, rivelando un notevole talento. Scoperto da un allenatore, Saul, ormai adolescente, viene trasferito in una cittadina dove ha la possibilità di allenarsi con una squadra vera e diventare un professionista. Qui, inizia una nuova vita con una famiglia amorevole che lo adotta, ma a poco a poco l’hockey, da opportunità per riscattarsi da un futuro di miseria, si trasforma in una prigione in cui Saul combatte la discriminazione e il razzismo dei compagni di squadra.
SPOILER
Nonostante gli sforzi del suo allenatore che lo incoraggia a raggiungere il successo e diventare un modello per “la sua gente”, il passato ha lasciato in Saul un segno profondo, portandolo ad abbandonare l’hockey e a preferire una vita di lavori umili, alcolismo e vagabondaggio. “Non c’è una vita migliore per me, non ci sarà mai”, è la replica di Saul quando si consegna alla sua triste esistenza.
Stanco della sua vita errante e devastato dall’alcolismo, Saul finisce in ospedale. Dopo essersi ripreso, decide di intraprendere un percorso di disintossicazione. Il suo sponsor lo incoraggia a confrontarsi con le sue emozioni, suggerendogli di trovare un luogo dove poter piangere, poiché il silenzio lo sta lentamente uccidendo.
Saul segue il consiglio e intraprende un viaggio nel passato, ritornando nei luoghi dove tutto aveva avuto inizio: l’infanzia nei paradisi naturali incontaminati e quella nei luoghi orribili dove era stato rinchiuso. Durante questa ricerca, visita il convitto e fa una scoperta scioccante: si rende conto che Padre Gaston non era che un altro individuo bianco che aveva abusato di lui.
Alla fine, Saul trova la pace interiore, riconoscendo di aver compiuto un lungo cammino per giungere a questa consapevolezza e riconnettersi con la sua identità e le sue radici: “Ho fatta molta strada per compiere questo viaggio, ma ora posso sentire la mia famiglia e i miei antenati, è qui in questo luogo che tutto ha avuto inizio e tutto ha avuto fine. Sono di nuovo con loro finalmente.”