Al momento stai visualizzando La ragazza di neve

La ragazza di neve

Ho appena terminato la serie TV drammatica La ragazza di neve, adattamento dall’omonimo romanzo di Javier Castillo.

La storia è ambientata a Malaga in Andalusia. Durante la sfilata dei Re Magi, un momento magico atteso tutto l’anno dai bambini, la piccola Amaya di 5 anni e mezzo si volatizza come neve nella folla, in un attimo di distrazione del padre. Per i genitori inizia un incubo che durerà un decennio. Il caso si intreccia con una tragica vicenda del passato di Miren, tirocinante giornalista, la quale, determinata a trovare la bambina, inizia un’indagine parallela a quella dell’ispettore Millán.

I sei episodi della serie tengono col fiato sospeso, fino al colpo di scena dove si svela il mistero, cioè una delle cause ipotizzabili che stanno dietro la sparizione di bambini.

Attenzione spoiler! Se non avete ancora terminato la serie, non continuate a leggere. Mi preme infatti commentare proprio come è stata trattata dallo sceneggiatore la reazione della bambina al suo destino. Amaya allora aveva quasi sei anni ed era in grado di ricordare bene i suoi genitori, tanto da riconoscerli all’inizio della prigionia, nell’appello in tv ai rapitori.

Come spesso capita nei film, i personaggi bambini sono meno tratteggiati rispetto ai personaggi adulti, cioè nel pensiero comune i bambini si adattano a tutto con facilità e non serve soffermarsi sul loro vissuto e sui loro sentimenti.

La bambina appare infatti solo funzionale a una vicenda thriller-poliziesca, quindi una narrazione poco realistica, come sappiamo bene noi figli adottivi che arriviamo a sentirci rapiti dai nostri nuovi genitori anche quando tutto si svolge nella completa legalità.

Nella penultima puntata, il rapimento di Amaya si rivela motivato da un’adozione forzata da parte di Iris, una donna resa mentalmente instabile dalla mancata maternità e paziente della mamma di Amaya alla clinica della fertilità.

Iris cresce Amaya come se fosse sua figlia e Amaya vive per dieci anni isolata in una fattoria, in compagnia soltanto dei suoi rapitori (Iris e il marito), piuttosto serena e convinta che siano davvero i suoi genitori, verso i quali prova un grande amore. Allo stesso modo, nel finale, quando dieci anni dopo viene restituita ai genitori naturali, sorride loro come se nulla fosse accaduto. Peccato, bastava poco allo sceneggiatore per rendere questi passaggi più credibili.

Lascia un commento