“Crede che una madre adottiva amerà di più i bambini?”
“Certamente, perché no!” risponde l’avvocato norvegese dell’accusa Daniel Singh. “Dobbiamo cambiare questa mentalità. È antiquata e arretrata. Anch’io sono stato adottato (ndr. dall’India). Non vedo alcuna differenza.”
“Qui non mettiamo in dubbio le adozioni. Ripeto, crede che dei genitori adottivi ameranno Shubh e Suchi più della signora Chatterjee?” lo incalza l’avvocatessa indiana della difesa Pratap, riferendosi a Debika Chatterjee, la madre dei due bambini sottratti.
“Non c’è un modo quantificabile per rispondere a questa domanda.”
“In Norvegia le famiglie di migranti vengono prese di mira” osserva l’avvocatessa.
Questo è uno dei dialoghi più emozionanti di Mrs. Chatterjee vs. Norway, un film di due ore e passa, in lingua Hindi e in parte in inglese sottotitolato in italiano, e per ovvi motivi girato in Estonia. Racconta una storia vera, l’odissea di Sagarika Chakraborty e suo marito, una coppia di indiani immigrati in Norvegia, che hanno vissuto l’inimmaginabile: si sono visti sottrarre i due figlioletti dalla Velfred, i servizi sociali norvegesi. La Velfred aveva imposto loro per settimane visite quotidiane e impegnative a casa, per poi decidere di dare i bambini in adozione, in quanto non approvava il modo dei Chatterjee di allevarli secondo la cultura indiana: dare il cibo con le mani, permettere di dormire nel lettone, applicare la matita Kohl sul viso della bambina.
Debika ama profondamente i suoi figli e, via via che la vicenda si intensifica, resta sempre più sola a combattere contro il sistema affidi e la burocrazia, arrivando a mettere in atto condotte illegali per disperazione. Dipinta dal marito Aniruddha – che alla fine cede e la incolpa di tutto – come troppo emotiva e restia a integrarsi, i suoi variopinti sari e la lotta appassionata che ingaggia per riavere indietro i suoi bambini, contrastano con gli asettici, avanguardistici edifici municipali abitati dai burocrati norvegesi. Secondo una statistica riportata dalla stampa nel 2016, in Norvegia i figli di madre straniera hanno una probabilità quattro volte maggiore di venire strappati alle loro famiglie.
Si tratta di errori umani dovuti a incomprensioni culturali, oppure di razzismo istituzionale?
La lotta di Debika diventa una battaglia contro un potente sistema occidentale, uno stato intero con le sue leggi ritenute più civili e un patriarcato strisciante.
Prima dell’uscita del film nel marzo di quest’anno, l’ambasciata norvegese di New Dehli in India ha rilasciato una dichiarazione, nella quale sostiene che il caso è stato risolto pacificamente e nega le accuse rispetto a una sospetta prassi delle autorità di sottrarre i bambini alle famiglie degli immigrati per motivi di guadagno.
La protagonista reale, Sagarika, ha risposto che mentre il mondo ha riconosciuto il legame amorevole esistente tra lei e suoi bambini, il governo norvegese ha continuato a diffamarla, senza conoscere la sua storia. SPOILER! Sagarika ha poi ringraziato il governo indiano per averla aiutata a risolvere l’annosa questione e a riprendersi i bambini.
Questa vicenda commovente fa riflettere sulle differenze culturali e sulle prevaricazioni dei cosiddetti Paesi civilizzati, e offre spunti di confronto sul sistema degli affidi e delle adozioni. La trovate su Netflix.